Il libro di Giobbe by Gianfranco Ravasi

Il libro di Giobbe by Gianfranco Ravasi

autore:Gianfranco Ravasi [Ravasi, Gianfranco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Libro campione
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


FARE CAUSA A DIO

La seconda domanda è ancora più rilevante dal punto di vista teologico ed evidenzia il carattere paradossale della situazione di Giobbe, che non può avere risposta in alcun modo. Da un lato, si invoca Dio perché se ne stia lontano e, dall’altro, si invita Dio a comparire, pur nella convinzione che, anche qualora risponda, ciò non costituirebbe un vantaggio. Nella sua sofferenza, Giobbe chiede ripetutamente un processo giusto in cui possa elencare le proprie ragioni, protestando contro Dio e magari incriminandolo. È una posizione arditissima, soprattutto all’interno delle concezioni religiose del tempo, iniziatrice di una corrente che, attraverso il tardo giudaismo, giunge fino al pensiero ebraico dei nostri giorni. È famosa la storia di quell’ebreo, Rachover, così colpito e umiliato da presentarsi al giudice della propria città. Alla richiesta del giudice: «Per che cosa sei venuto?», risponde: «Sono venuto per incriminare uno». «Chi è questa persona?», chiede il giudice. «Dammi le sue generalità». E Rachover ribatte: «Beh, le generalità sono semplici: si chiama Elohim, Dio. Io voglio far causa a Dio».

Anche Giobbe ricorre al linguaggio giuridico. Tuttavia, scopre l’impossibilità di poter avere una contestazione aperta con Dio. Per celebrare un processo in cui l’imputato sia Dio, occorre trovare quello che Giobbe chiama con un termine tradotto spesso – ma in modo non del tutto corretto – con «mediatore». Il mediatore in questione è un mediatore giuridico, un’istanza superiore, un vero e proprio giudice ultimo, di una cassazione suprema. Questo arbitro neutrale e superiore a tutti, per poter essere tale, per giudicare un Dio che nega i diritti, dev’essergli superiore o perlomeno pari; il giudice, infatti, di sua natura, perché le sue sentenze abbiano valore, deve avere autorità su coloro che vengono giudicati. Ora, nessuno è superiore a Dio.

È questo il paradosso in cui si trova impigliato Giobbe, l’impasse nella quale è necessariamente bloccato. Come può convocare Dio davanti a un giusto processo quando, non essendoci altro mediatore, Dio da imputato necessariamente diventa anche il giudice? In questo contenzioso, il testimone, il difensore, il giudice, il mediatore o l’arbitro per poter essere tali devono assicurare una correttezza giuridica. E come può esserci una tutela per la parte lesa se l’imputato è al tempo stesso il giudice? La ricerca del mediatore apre qui una pista che, procedendo oltre il libro di Giobbe, conduce a comprendere la funzione di Cristo mediatore secondo la teologia neotestamentaria: Cristo, uomo e Dio, è contemporaneamente dalla parte dell’uomo e dalla parte di Dio e, come tale, è in grado di rispondere alla domanda impossibile che Giobbe continua a levare al cielo.

Questa domanda, ripetutamente rilanciata da Giobbe, sembra ritornare a lui non esaudita, come anche la sua preghiera, indirizzata verso un cielo muto. Giobbe paradossalmente spera che il cielo sia muto perché, con l’esperienza finora vissuta, se da esso la divinità rispondesse, sarebbe soltanto a sua punizione e suo tormento. Eppure, dopo aver chiesto senza speranza un intervento giudiziario in cui Dio almeno si giustifichi, Giobbe si mette idealmente lo stesso in cammino attendendo quell’estremo atto giuridico.



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